Quando ci si trova in ritardo nell’effettuare un pagamento ci si può aspettare l’attivazione, da parte del creditore, di azioni per il recupero crediti. In questo articolo, quindi, vedremo come viene notificato al debitore la richiesta di pagamento e come si evolve l’attività di recupero crediti, cercando di capire come tutelarsi da possibili minacce.
Caratteristiche principali del recupero crediti
Il recupero crediti si può benissimo configurare come una vera e propria attività che richiede molto impegno e tante competenze specifiche.
Quando si è in ritardo con i pagamenti, è bene sapere che chi deve recuperare il credito può muoversi in tre principali modi: procedere da sé, inviando una comunicazione scritta al debitore, chiamandolo o incontrandolo di persona; chiedere la consulenza di un avvocato; chiedere l’intervento di una società specializzata in questo tipo di attività.
Naturalmente, negli ultimi due casi il creditore dovrà pagare per poter ottenere un aiuto professionale. Quindi, va valutata la cifra da recuperare e capire se vale la pena affidarsi a società o professionisti specializzati nel recupero crediti.
Due tipologie di recupero crediti: stragiudiziale e giudiziale
Quando si è debitori, è utile sapere come il creditore potrà muoversi per recuperare la cifra dovuta. Le fasi principali, solitamente, sono due. La prima è detta stragiudiziale, ovvero il creditore opera un tentativo bonario per il recupero del suo credito.
Se questo primo tentativo non va a buon fine, scatta la seconda fase, quella giudiziale. Si tratta di un ricorso al tribunale che prevede, quindi, l’inizio di una procedura legale volta a poter ottenere il recupero del credito.
Quando chi deve ricevere la cifra non ha ottenuto risposta entro i termini di scadenza e i solleciti non sono andati a buon fine, è possibile affidarsi a una società recupero crediti.
Queste società operano cercando di convincere il debitore a pagare, proponendo un accordo. Le modalità di contatto sono, solitamente, le lettere di sollecito, le telefonate e, in caso di non risposta, la messa in mora.
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La raccomandata A/R
Come abbiamo visto, l’ultimo step operato dalle società di recupero crediti è la messa in mora. Questa azione viene comunicata al debitore tramite l’invio di una raccomandata A/R che informa la persona interessata che, non pagando il proprio debito entro un tempo limite stabilito nel documento, avverrà il recupero del credito tramite l’iter giudiziale.
Richiedere l’intervento del tribunale serve al creditore per ottenere l’autorizzazione al “recupero forzoso” del credito. Questo avviene per via di un pignoramento immobiliare ai danni del debitore.
La comunicazione al debitore
Come già accennato, il primo step che consente di poter recuperare un credito è l’invio di una lettera formale all’interessato. Abbiamo anche visto che, dopo due solleciti, viene inoltrata, al terzo tentativo, una notifica di messa in mora.
Solitamente, i solleciti hanno un modo di comunicare differente. Nel primo, infatti, si utilizza un tono abbastanza cordiale. Questo perché il creditore spera di recuperare, subito, la cifra e non vuole rovinare i rapporti.
Nel secondo sollecito, invece, i toni si alzano e nel terzo, infine, i rapporti si sfaldano completamente e si procede alla messa in mora.
Come si arriva al Decreto ingiuntivo
Nel caso in cui tutti i tentativi messi in atto dal creditore non vadano a buon fine, se si è certi del credito chi deve riscuotere la cifra ha il diritto di rivolgersi a un giudice per richiedere il cosiddetto decreto ingiuntivo. Di cosa si tratta? Questo atto non è altro che un provvedimento che obbliga il debitore a pagare la cifra dovuta al creditore. Il termine ultimo per il pagamento della somma è di quaranta giorni dalla data di ricezione della notifica di decreto.
Può, naturalmente, accadere che il debitore si ostini, nonostante tutto, a non pagare la somma dovuta. In questo caso specifico, il creditore può procedere alla richiesta di un’esecuzione forzata.
Il debitore, dalla sua parte, ha facoltà di opporsi al decreto ingiuntivo. Questo fa scattare il “contraddittorio”. Di conseguenza, ci sarà bisogno di ricorre a una sentenza che andrà a confermare o revocare il precedente decreto.
L’ultimo passaggio possibile, quindi, è il ricorso alla giustizia ordinaria. Questa scelta, però, necessita di lunghi tempi di attesa, soprattutto nel nostro Paese dove queste procedure sono molto macchinose e lente.
La validità della diffida di pagamento non inviata per mezzo raccomandata
Attenendoci a quanto previsto dal Codice Civile, le comunicazioni hanno validità ed effetto quando vengono inviate all’indirizzo di recapito dell’interessato.
Non è prevista, dunque, una precisa forma di invio della comunicazione stessa. Questo vuol dire che l’inoltro della comunicazione non deve avvenire, obbligatoriamente, per mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno ma può anche essere inviata tramite lettera semplice.
Bisogna precisare, però, che la prova dell’avvenuta consegna è a carico di chi invia la comunicazione, in questo caso il creditore. La prova, in questi casi, può essere fornita solamente se un pubblico ufficiale si accerta della reale consegna dell’atto.
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Quali sono, dunque, le figure che possono accertare e provare la consegna? Nel caso di atti giudiziari è il pubblico ufficiale, nel caso della lettera classica il portalettere.
Nell’ultimo caso, è bene precisare che soltanto la consegna di una raccomandata A/R determina il rilascio di una prova di consegna. La lettera semplice, invece, non la prevede.
Quindi, inviando una lettera semplice il creditore non avrà modo di dare dimostrazione del reale invio. Questo significa che è come se non l’avessa mai mandata.
In alcuni casi, però, è lo stesso debitore che, tramite il suo comportamento, dà prova dell’avvenuta ricezione anche di una lettera semplice. Questo avviene se risponde alla comunicazione tramite qualsiasi metodo: telefonata, posta elettronica, lettera e così via.
Il creditore potrà utilizzare la sua risposta come prova dell’avvenuta consegna anche di una lettera semplice.