Quando vengono emessi assegni postali, e il saldo sul conto corrente non è sufficiente per coprire gli importi riportati, la diretta conseguenza è la creazione di assegni postali impagati, che possono andare incontro a dei protesti.

Per rimediare, bisogna consentire il pagamento di tali assegni. Di fatto, cosa succede se un assegno postale non viene pagato?

Vediamolo di seguito. 

Cosa succede se un assegno postale non viene pagato

Gli assegni postali impagati danno vita alle seguenti conseguenze: 

  • vengono protestati e successivamente pubblicati nel Registro Informatico dei protesti che si trova presso le Camere di Commercio;
  • il nominativo del correntista protestato viene iscritto alla Centrale Allarme Interbancaria (CAI) della Banca d’Italia; 
  • vengono applicate le sanzioni amministrative in base a quanto stabilito dalla I. 386/1990 e modifiche successive. 

Ovviamente, la possibilità di rimediare c’è ed è concreta. In che modo? Costituendo subito la provvista nello stesso giorno in cui viene presentato all’incasso il titolo.

Se non si dovesse agire in questo modo, la diretta conseguenza è che l’assegno postale impagato venga protestato, con ripercussioni notevoli. 

Il DPR 298/2002 ha infatti stabilito che gli assegni postali impagati vengano trattati come gli assegni bancari impagati, ossia il protesto. La conseguenza è l’inserimento del nominativo del correntista all’interno del Registro Nazionale dei Protesti. 

Di seguito parleremo dell’iscrizione alla CAI degli assegni postali impagati

Cosa succede se un assegno postale non viene pagato
Cosa succede se un assegno postale non viene pagato

L’iscrizione al CAI

La situazione sopra descritta non è irrimediabile e, quindi, può essere risolta per evitare che l’assegno postale impagato comporti l’iscrizione del debitore protestato al CAI. 

Insieme al protesto dell’assegno, ma anche nel caso in cui l’assegno postale emesso sia senza provvista, le Poste Italiane inoltreranno comunicazione all’interessato dell’avvio della procedura e relativo impedimento di emettere altri assegni. 

Per evitare l’iscrizione al CAI, il debitore protestato dovrà, quindi, pagare tardivamente l’assegno entro e non oltre 60 giorni, che vengono conteggiati a partire dalla data di scadenza del termine in cui doveva avvenire il pagamento dell’assegno.

Conti alla mano, si parla di 68 giorni per gli assegni su piazza e 75 giorni per quelli fuori piazza. 

Il pagamento deve comprendere gli interessi legali, l’importo, la penale del 10% calcolata sull’importo dell’assegno, le spese di gestione dell’impagato e le spese di protesto. 

Nel caso in cui il debitore non effettua il pagamento entro i termini di cui sopra presso il creditore, Poste Italiane o un pubblico ufficiale, l’iscrizione al CAI del suo nominativo sarà inevitabile. 

Rimarrà all’interno per 6 mesi anche se dovesse coprire nel frattempo l’assegno impagato. 

Le conseguenze degli assegni postali impagati per i correntisti sono le seguenti: 

  • il divieto di emettere assegni per 6 mesi;
  • la restituzione dei moduli di assegno in loro possesso;
  • non potranno emettere assegni. 
  • dovrà astenersi dall’emettere assegni.

La cancellazione avviene in automatico dopo i 6 mesi. 

Invece, per quanto riguarda il protesto, il pagamento tempestivo non darà vita alla cancellazione automatica dello stesso, a differenza di quanto avviene per le cambiali. 

A tal proposito, nella I. 235/2000 viene indicato quando avviene la cancellazione del protesto, ossia in caso di protesto erroneo o illegittimo, se il pubblico ufficio o Poste Italiane ha provveduto alla levata in modo erroneo o illegittimo oppure se il debitore è stato riabilitato del Presidente del Tribunale territorialmente competente. 

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