Quando un soggetto, per un motivo o per un altro non onora i suoi debiti, va incontro al pignoramento dei beni. Questo può essere:

  1. pignoramento mobiliare, quando ha ad oggetto i beni contenuti in casa;
  2. pignoramento presso terzi, quando ad essere attaccate sono le fonti di reddito non materialmente nelle mani del debitore, come nel caso della pensione o dei canoni d’affitto;
  3. immobiliare, quando riguarda l’abitazione del debitore

Tra tutti il pignoramento immobiliare è il più comune, il più temuto, e di certo quello più tutelato dalla legge: sia per quanto riguarda le azioni del creditore, che quelle del debitore. In fin dei conti “la legge è uguale per tutti”, e se da un lato bisogna stare attenti ad abusi di potere da parte del creditore, dall’altro, bisogna anche evitare azioni illegali da parte del debitore.
Analizziamo quindi nel dettaglio cos’è permesso e cosa no ad entrambe le parti, con un occhio di riguardo sui poteri dati al creditore. 

Pignoramento casa: come funziona

pignoramento casa

Il pignoramento della casa è un’atto possibile, perché non esistono unità abitative che non possono essere oggetto di un esecuzione forzata. E’ importante però dire che un’abitazione potrebbe essere impignorabile a determinate condizioni. Ad esempio, Il “decreto del fare” dell’anno 2013, ha previsto l’impignorabilità di un’abitazione risultante “prima casa” da parte del fisco. Ma effettivamente esistono condizioni che consentono ai creditori di pignorare una casa anche se è la prima e unica casa.

Prima casa

Come prima cosa, capiamo cosa significa il termine prima casa. Uno degli errori più comuni che si fanno quando si pensa alla prima casa, è che si associa all’abitazione principale, e ciò è errato. Il concetto di 1° casa, è un concetto introdotto in fase di acquisto di un’unità immobiliare, che consente di avere delle agevolazioni fiscali per pagare meno imposte  sull’atto di acquisto di un’abitazione in presenza di determinate condizioni. Dunque, non tutte le abitazioni principali sono prima casa, e non solo. Infatti, non per tutte le tipologie catastali di immobili ad uso residenziale, si può richiedere l’agevolazione prima casa. Ad esempio, si può richiedere l’agevolazione prima casa e pagare meno imposte in fase d’acquisto, per immobili classificati con le seguenti categorie catastali: A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7, A/11. Come si vede, la categoria catastale A/1 ad esempio, è esclusa. Ciò significa che anche se è l’unica casa che si possiede, se è la casa principale dove è stata portata la residenza e il domicilio della famiglia, essendo una abitazione di lusso non può essere oggetto delle agevolazioni prima casa.

Il pignoramento della prima casa è possibile

pignoramento della prima casa

Quello del pignoramento immobiliare è un percorso lungo e delicato, per questo è bene iniziarlo sfatando una “leggenda metropolitana”: il pignoramento della prima casa è possibile, da parte di qualsiasi creditore privato.

Diverso discorso vale invece per l’Agenzia delle Entrate-riscossione ( ex Equitalia ), che è libera d’agire, nel caso in cui il suo credito superi i 120mila €,  a meno che non si presentino le seguenti condizioni:

  1. La prima casa in questione sia anche l’unico immobile del debitore;
  2. si tratti di un abitazione civile e non di lusso
  3. il debitore abbia fissato la sua residenza, all’interno di quell’immobile.

In questo caso Equitalia NON PUO’ pignorare la prima casa, sulla quale può però accendere un’ipoteca, se il suo credito dovesse superare i 20.000€.

Pignoramento casa e fondo patrimoniale, cosa può fare il creditore?

Il fondo patrimoniale è uno degli strumenti più utilizzati, per tutelare i propri beni dall’azione del creditore. Paragonabile a quello che un tempo veniva chiamata “dote”, altro non è che un insieme di beni mobili e immobili destinati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Proprio per questo motivo, nel caso in cui ci siano debiti dovuti ad attività imprenditoriali, i creditori non possono rivalersi su quanto presente nel fondo: ovviamente con le dovute eccezioni.

Nel caso in cui questo sia stato istituito dopo l’insorgere del debito, il creditore può ricorrere all’azione revocatoria, se in grado di dimostrare: che il debitore ha agito con l’intento di frodarlo – inserendo per esempio la casa nel fondo patrimoniale per evitare il pignoramento – o dimostrando che il debitore non sia in possesso di altri beni, di pari o simile valore, sulla quale possa soddisfarsi. L’azione revocatoria deve essere presentata entro cinque anni, dall’iscrizione del fondo sull’atto di matrimonio, altrimenti non è più valida.

I debiti contratti per esigenze familiari invece ( mutuo per la casa, tasse universitarie etc…)  danno al creditore la piena libertà d’azione, su tutto ciò che è contenuto nel fondo patrimoniale, casa compresa. Infine, è bene ricordare che eventuali azioni esecutive già in vigore su un immobile ( un ipoteca piuttosto che un pignoramento ) non vengono annullate con l’inserimento di questo all’interno del fondo: i diritti di creditore e banca restano intatti.

Prima del pignoramento casa, donazione e vendita di un immobile: le conseguenze

Prima del pignoramento casa, donazione e vendita di un immobile: le conseguenze

Può capitare che un debitore in preda al panico o mal consigliato, prenda delle decisione errate onde evitare di perdere la propria casa. Mossi dalla voglia di evitare che questa venga pignorata, piuttosto che ricorrere a mezzi leciti come quelli forniti dal sovraindebitamento, preferiscono vendere o donare il proprio immobile, sperando, magari, di ricavarci qualcosa.

Ebbene, sappiate che da questo punto di vista la legge è dalla parte del creditore. Nel caso il debitore doni l’immobile, può rendere inefficace la cessione trascrivendo il pignoramento entro un anno: questo gli da la possibilità di procedere con l’azione, anche se ora è di fatto un altro il proprietario. Altrimenti può avviare un’azione revocatoria entro 5 anni dalla donazione, se può dimostrare che il debitore ha donato la propria casa o immobile, con lo scopo di frodarlo.

Ugual discorso vale per la vendita, anche se con qualche vincolo in più per il creditore. Questi infatti può esercitare l’azione revocatoria entro cinque anni, a patto che sia in grado di dimostrare:

  1. Che il debitore abbia agito con l’intento di frodarlo
  2. che l’acquirente fosse a conoscenza della situazione