Ogni persona che si trova a fronteggiare delle difficoltà economiche cerca sempre un modo per onorare i suoi debiti, però quando ciò non è possibile cosa si può fare? Certamente è bene agire sempre seguendo vie legali e mai legarsi a situazioni poco chiare che in futuro, come accade frequentemente, possono creare ulteriori problemi e, succede spesso, anche irrisolvibili.

La legge, per tutelare la persona e il debitore, dispone delle norme che non restituire un prestito non corrisponde a reato se non in alcune specifiche situazioni. Piuttosto, in un eventuale procedimento giudiziario, è possibile colpire il patrimonio immobiliare e mobiliare in un altro modo. Scopriamo cosa si rischia se non si restituisce un prestito e a quali conseguenze si va incontro.

Non pagare un debito è reato?

Prima di tutto è bene chiarire un aspetto fondamentale, un debito non è un reato, pertanto non si rischia una multa e la conseguente detenzione. A dirlo è la legge italiana che, in generale, adotta tale principio, però non sono rare le eccezioni che riguardano l’intenzionalità e il dolo.

La legge dispone dei limiti entro il quale il debito non è più esigibile e si estingue, quindi interviene la prescrizione che cambia in base al credito. Questa subentra nella forma breve di cinque anni se si parla di rate del bollo o del mutuo, due anni soltanto per le bollette, mentre per tutti gli altri crediti interviene sempre l’ordinaria, cioè di dieci anni. Una volta trascorso tale termine il creditore non può più agire contro il debitore.

Cosa rischia il debitore nullatenente?

Ricorrere a un prestito significa avere un’emergenza economica da risolvere e, molto spesso, non ci sono altri fondi a cui attingere. Se non ci sono beni o rendite da requisire, quindi si dice che la persona è nullatenente, non ci sarà alcuna conseguenza civile o penale. Ma cosa significa, nello specifico, nullatenente?

È considerato tale il debitore non ha fonti di reddito come stipendio, pensione o altri sussidi sociali. Inoltre non deve possedere beni di proprietà come auto, moto o beni immobiliari. Chiunque versi in tale condizione è esentato dalla procedura di esecuzione forzata e dal pignoramento dei beni perché questi non esistono.

Attenzione, però, perché non bisogna pensare di essere liberi da conseguenze in assoluto. Infatti esistono situazioni in cui si possiede una rendita minore al minimo vitale o si hanno beni di poco valore. Ad esempio i pensionati che vivono con un assegno inferiore a una certa cifra, non sono soggetti all’esecuzione forzata in quel momento ma in futuro ciò è possibile perché lo stato patrimoniale viene ricontrollato periodicamente in modo da poter procedere in tal senso.

Ovviamente se sono trascorsi i dieci anni per la prescrizione ordinaria non ci sono più motivazioni per agire, tuttavia il Codice Civile all’articolo 2943 afferma che la decorrenza di tale periodo si interrompe se ci sono atti che possono mettere in mora il debitore, quindi si avvia un procedimento giudiziario a suo carico.

Cosa succede se si attiva il pignoramento

Nel caso in cui ci siano delle rendite o dei beni, allora il pignoramento è dietro l’angolo e l’ente o il privato agisce attraverso l’espropriazione e la vendita dei beni posseduti dal debitore. Ecco a cosa bisogna fare attenzione.

Non tutto è pignorabile ma la legge dispone alcune categorie come beni mobili, beni presso terzi e beni immobili. Tutto ciò è riscontrabile attraverso una visura della banca dati che la Pubblica Amministrazione mette a disposizione, quindi rientrano in tale ricerca anche gli stipendi che possono essere sequestrati nel massimo di un quinto.

Nel caso dell’espropriazione mobiliare sono pignorabili beni come tv, elettrodomestici non necessari per la normale vita quotidiana, arredi di lusso, auto e oggetti del genere. Non sono mai sequestrabili tavolo da pranzo, letto, sedie, utensili e mobili necessari per la casa, anello di nozze, oggetti sacri di modico valore, vestiti e strumenti adatti per lavorare. Tutto il resto può essere venduto all’asta e ma se non ci sono acquirenti, dopo tre tentativi, si restituisce il tutto al debitore.

Cosa si rischia se si procede all’espropriazione presso terzi? In questo caso si pignora lo stipendio e la pensione nel limite del quinto, come è stato già detto. Inoltre non si esclude, in caso di risparmi bancari e di entrate di altra natura, il prelievo forzoso del 100% delle cifre che vanno a coprire l’importo del debito.

Infine con l’espropriazione immobiliare si colpiscono i diritti di proprietà su diritti reali immobiliari. Sono pignorabili l’usufrutto, l’enfiteusi e la superficie ma non solo. Se si pignora una casa, ad esempio, viene coinvolto anche tutto ciò che c’è all’interno.

Quando si rischia la galera per insolvenza?

La galera, come abbiamo già anticipato, non è esclusa a priori, infatti è possibile andare incontro a conseguenze gravi se si ricade nel reato di truffa e insolvenza fraudolenta. Per questo caso il Codice Penale, all’articolo 614, stabilisce che chiunque dissimuli il suo stato di insolvenza e non adempie all’obbligazione contratta, allora è punibile con la querela, multa e reclusione fino a due anni.

La situazione cambia se si procede ad adempiere all’obbligazione prima della condanna perché il reato si estingue.

I rischi dei conviventi del debitore

A questo punto è bene concludere facendo un focus sui conviventi del debitore che possono andare incontro a conseguenze nel caso di pignoramento. Di certo l’ufficiale giudiziario, in questa fase, è autorizzato a prendere tutto ciò che possa essere convertibile in denaro e non tenere conto della proprietà di una o dell’altra persona. Nel caso in cui si voglia la restituzione di un certo oggetto, il convivente può rivendicare la sua proprietà.

Questa azione può riguardare beni come mobili, gioielli, elettrodomestici e altro. Bisogna agire in giudizio per dimostrarne la proprietà e rientrarne in possesso. Basta avere documenti d’acquisto risalenti alla data precedente dell’azione forzata in modo da certificare la reale situazione.