I soggetti fallibili e i soggetti non fallibili sono ben definite e stabilite dalla legge fallimentare italiana.
Nonostante normalmente si pensi il contrario, non tutti i soggetti sono fallibili, cioè possono essere soggetti a fallimento.
La legge è progettata per dare un quadro normativo chiaro e completo che regola i processi di insolvenza, consentendo agli individui e alle aziende di affrontare in modo strutturato e ordinato le proprie difficoltà finanziarie.
Capire esattamente chi sono i soggetti fallibili e chi invece non può essere oggetto di fallimento offre la possibilità di ristrutturare i debiti o, in alcuni casi, di liquidare i beni al fine di soddisfare i creditori.
E, dal lato dei creditori, è molto utile sapere chi può fallire secondo la legge e chi no.
Diventa davvero importante capire quali sono i soggetti fallibili e chi invece non lo è perché il rapporto con le due categorie di soggetti cambia radicalmente.
Vogliamo però risolvere subito una incomprensione comune: il termine “fallimento” è spesso associato a un senso di rovina finanziaria e personale.
La legge fallimentare ha invece l’obiettivo di dare una seconda possibilità, una sorta di “reset” finanziario, che consente agli individui e alle imprese di ristrutturare i loro debiti e cercare di riprendere la propria vita finanziaria.
Approfondiamo in questo articolo.
Quali sono i soggetti fallibili
In linea generale i soggetti fallibili sono individui o entità giuridiche che si trovano in uno stato di insolvenza o bancarotta.
Lo stato di insolvenza indica che il soggetto non è in grado di onorare i propri obblighi finanziari e di pagare i propri debiti quando scadono.
L’articolo numero 1 della legge fallimentare definisce in modo preciso quali sono i requisiti oggettivi che devono essere soddisfatti per essere considerati soggetti fallibili.
Secondo la legge, tra i soggetti fallibili ci sono:
- i soggetti che svolgono attività commerciale,
- i soggetti che si trovano in stato di insolvenza (requisito basilare per il fallimento),
- i soggetti che hanno oltrepassato le soglie di fallibilità (che approfondiremo tra poco).
Tra le attività fallibili sono menzionate solo le attività commerciali, questo significa che le società di persone e il socio responsabile illimitatamente non sono soggetti a fallimento.
In generale il concetto di soggetti fallibili riflette la necessità di un sistema legale che fornisca una soluzione ordinata e giusta per affrontare le difficoltà finanziarie sia delle persone che delle aziende, cercando di bilanciare gli interessi dei creditori con la possibilità di una “seconda chance” per i debitori insolventi.
Le soglie di fallibilità
La legge fallimentare stabilisce le soglie per gli individui e imprese che si trovano in una condizione di fallibilità economica.
Per quanto riguarda le imprese, la soglia di fallibilità è determinata in base al valore dei debiti, dei ricavi e dell’attivo patrimoniale.
Perché un’impresa sia fallibile devono verificarsi uno di questi requisiti:
- Debiti.
Al momento della richiesta di fallimento, l’azienda ha dei debiti scaduti che superano i 500 mila euro. - Ricavi.
Nei tre anni precedenti alla richiesta di fallimento, i ricavi lordi annui superano i 200 mila euro. - Attivo patrimoniale.
Nei tre anni precedenti alla domanda di fallimento, l’azienda ha un attivo patrimoniale superiore ai 300 mila euro. - Stato di insolvenza.
Il soggetto deve essere considerato in stato di insolvenza al momento della richiesta di fallimento.
È sufficiente che si verifichi anche solo uno di questi tre requisiti affinché il soggetto sia fallibile.
Lo stato di insolvenza
Lo stato di insolvenza rappresenta una condizione finanziaria in cui l’individuo o l’azienda non è in grado di pagare i propri obblighi finanziari, inclusi il pagamento dei debiti e delle passività quando scadono.
La situazione può derivare da una serie di circostanze diverse, tra cui una gestione finanziaria inefficiente, una diminuzione delle entrate, l’accumulo di debiti insostenibili o altre difficoltà finanziarie significative.
Per le imprese, lo stato di insolvenza può manifestarsi quando il patrimonio netto è ridotto al di sotto di un livello critico o quando il passivo supera l’attivo, portando a un disavanzo patrimoniale.
La richiesta di fallimento non è automatica con lo stato di insolvenza.
Basti pensare che un’azienda ben organizzata può gestire un temporaneo stato di insolvenza (in cui il passivo è più alto dell’attivo) coprendo i debiti con gli attivi liquidi o con le proprietà facilmente liquidabili.
Ovviamente però se le difficoltà economiche persistono, allora l’azienda ha soddisfatto questo requisito e può procedere con la domanda di fallimento.
Cosa succede ad un soggetto fallibile
Quando il soggetto supera una delle soglie di fallibilità e si trova in stato di insolvenza, si può effettivamente iniziare con le pratiche di fallimento.
Il processo di fallimento comporta la presentazione di documenti e prove che dimostrino la situazione di insolvenza.
Una volta che il tribunale competente accerta l’insolvenza, viene nominato un amministratore giudiziario o un curatore fallimentare per gestire il caso.
Questa figura ha il compito di valutare gli attivi e i passivi del soggetto fallibile e di determinare il modo migliore per soddisfare i creditori.
Il processo comporta la liquidazione degli attivi aziendali e la vendita dei beni per soddisfare i creditori, in alcuni casi può ritenersi necessaria anche la chiusura dell’attività stessa.
Chi è il soggetto non fallibile
La legge fallimentare definisce quali sono i criteri perché un soggetto sia fallibile.
Andando per esclusione si possono trovare anche i soggetti che non possono essere soggetti a fallimento.
Il soggetto non fallibile è:
- l’imprenditore agricolo,
- la startup innovativa,
- il lavoratore autonomo e il libro professionista,
- una Onlus e tutti gli altri enti non commerciali,
- un ente pubblico.
Anche se non sono soggetti fallibili, in caso di insolvenza anche questi soggetti hanno una base normativa a cui appoggiarsi ma questa non fa riferimento alla legge fallimentare.