Il 1° luglio 2017 Equitalia S.p.A. Si è ufficialmente sciolta, lasciando il posto all’Agenzia delle Entrate-riscossione: ente pubblico, posto sotto al controllo dell’Agenzia delle Entrate, che è  subentrata a titolo universale, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi delle società del Gruppo Equitalia. In parole povere, a cambiare sono stati solo il nome e il logo dell’ente e non le regole sulla riscossione o pignoramento, dal momento che queste rispondono a delle norme, ormai in vigore dal 2005.

Tendenzialmente  è come se Equitalia non se ne fosse mai andata, fatta eccezione per il  maggior “potere” d’indagine vantato dall’Agenzia.

Questa infatti ha dalla sua parte l’articolo 3 del decreto legge 193/2016, che gli permette di accedere  alle banche dati dei rapporti di lavoro, l’anagrafe tributaria e quella dei conti corrente, in modo da poter avere un quadro della situazione finanziaria del debitore, completo ed esaustivo. Il nuovo esattore, visto il suo essere “branca” dell’Agenzia delle Entrate, ha tutti i poteri di una pubblica amministrazione: particolare che ha scatenato il panico tra i contribuenti, sopratutto “poveri”.

Esiste un reddito minimo per non pagare i debiti? Sono un nullatenente, cosa mi può fare l’Agenzia delle Entrate Riscossione? E ancora: “guadagno molto poco, il fisco può comunque farmi pignorare qualcosa”? Queste, sono solo alcune delle domande contenute nelle innumerevoli email che mi avete inviato da luglio ad oggi. Domande, che per quanto possa sembrare diverse tra loro girano tutte intorno ad un unico concetto: il redditto minimo del contribuente, che blocca l’azione dell’Agenzia delle Entrate.

Ed ecco la risposta che cercate.

Agenzia delle Entrate Riscossione e debiti non pagati: la differenza la fa la busta paga

Quando un mio assistito o una persona che mi contatta in cerca di una consulenza, mi chiede del reddito minimo intoccabile dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, io già so che intende il famoso “minimo vitale”, ossia quella parte di reddito destinata al sostentamento del soggetto o del nucleo familiare, che il fisco non può toccare. Sono in molti a credere erroneamente che tale concetto valga per tutti i contribuenti, sperando così di potersi salvare dalla falce implacabile del fisco.

Pur troppo però non è cosi, in quanto non esiste un vero e proprio reddito minimo per non pagare i debiti con l’AER ( acronimo di Agenzia delle Entrate Riscossione) o meglio esiste, ma viene applicato soltanto in caso di pignoramento sulla pensione.

Il concetto di minimo vitale, così come è stato chiarito nelle righe precedenti, rappresenta il limite sotto al quale la pensione non può mai scendere, mentre la restate parte viene sottoposta ad azione esecutiva per un massimo di un decimo

La quota pignorabile viene calcolata secondo delle percentuali valide anche per i lavoratori dipendenti, che elencheremo di seguito, sulla base del famoso minimo vitale, che è pari ad una volta e mezza l’assegno sociale, ossia 672,76 €. Questo, può essere considerato come il reddito minimo che un pensionato deve avere, per non pagare i propri debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Diverso discorso vale per i lavoratori dipendenti. In questo caso infatti, che si tratti di una busta paga di 500€ o di una da 1500€ le regole sono le stesse: il pignoramento si muove seguendo delle percentuali, applicati sull’intera mensilità.

Quindi, il pignoramento dello stipendio vale per tutti i lavoratori dipendenti che siano ricchi o poveri, entro tali limiti:

  1. Stipendi non superiori ai 2500 €, pignoramento del 10%
  2. Stipendi che vanno dai 2.500€ ai 5.000€, pignoramento del 14%
  3. Stipendi superiori ai 5.000€, pignoramento del 20%

L’applicazione delle seguenti percentuali garantisce, secondo i giudici, il rispetto del principio di uguaglianza, eliminando “la soglia minima di reddito”, che penalizzerebbe maggiormente una categoria piuttosto che un’altra.